Servono soldi?! Sanzioniamo le PMI che fanno ricerca e sviluppo!

L’Italia è parecchio sotto la metà della classifica mondiale per spesa pro capite in ricerca e sviluppo, ben staccata dai paesi del G7 e del G20.

L’Italia è anche terzultima per lo sviluppo digitale e ultima in Europa per competenze digitali.

La Germania ha cominciato ad occuparsi di “industria 4.0” nel 2011, con un piano strutturale serio che accompagna fin da allora le imprese tedesche. L’Italia ha cominciato a parlarne solo nel 2016, con una legge che aveva certamente margini di miglioramento e che è stata subito annacquata alla scadenza.

Il risultato di tutto questo è che i Tedeschi hanno un PIL pro capite che è pari ad 1.36 volte quello degli Italiani.

No, cari populisti, sovranisti, amici, simpatizzanti ed associati. Non sono messi meglio di noi perché sono brutti e cattivi. Sono messi meglio di noi perché hanno una politica industriale.

La situazione italiana è ben descritta nel mio articolo L’Italia digitale e la filiera che non c’è – Angelo Duilio Tracanna

Segnatevi la data. Con la circolare 4/E/2021 l’agenzia delle entrate ci mette definitivamente una croce sopra.

Con questa circolare infatti, l’Amministrazione finanziaria ha definito gli indirizzi operativi e le linee guida per la prevenzione e il contrasto all’evasione fiscale che caratterizzeranno le attività di controllo del 2021, in relazione alla ripresa sia dell’invio delle lettere di compliance ai contribuenti, sia della notifica di accertamenti, atti di contestazione o irrogazione di sanzioni e atti di recupero dei crediti di imposta secondo le tempistiche e le regole definite dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 88314/2021.

Tali linee guida prevedono, anche in ragione delle criticità legate all’emergenza pandemica, un’attività di controllo focalizzata sul contrasto di comportamenti illeciti basati sull’indebita fruizione, oltre che dei contributi a fondo perduto, di crediti d’imposta utilizzati in compensazione ai sensi dell’articolo 17 D.Lgs. 241/1997.

L’esperienza operativa del Settore Contrasto Illeciti ha in particolare evidenziato comportamenti fraudolenti nell’ambito del credito d’imposta R&S ex articolo 3 D.L. 145/2013 e ss.m.ii. e indirizzerà le attività di controllo delle Direzioni regionali e provinciali dell’Agenzia delle entrate, anche di concerto con la Guardia di Finanza, mediante elaborazione di indici di rischio e liste selettive.

In base ai controlli finora effettuati in materia di R&S, l’orientamento delle attività di analisi del rischio e selezione delle imprese di piccole e medie dimensioni tiene in considerazione i seguenti aspetti:

• la tendenza dei contribuenti a fondare la spettanza del credito esclusivamente sulla correttezza documentale;

• il ricorrere di posizioni incoerenti per presupposti soggettivi e oggettivi di ammissibilità all’agevolazione.

In merito al primo aspetto, l’Agenzia delle entrate dichiara di aver riscontrato in numerosi casi imprese beneficiarie del credito R&S “assistite da soggetti che svolgono attività di consulenza sulle diverse misure agevolative, e che appaiono specializzate nella costruzione di documentazione solo formalmente corretta al fine di dimostrare la spettanza del credito”.

In merito al secondo aspetto, l’Amministrazione finanziaria segnala alcuni primi indicatori di rischio, applicabili specialmente alle attività di R&S svolte “intra muros”:

• scarsa o assente compatibilità tra attività di R&S e attività economica dichiarata;

inadeguatezza della struttura organizzativa aziendale;

formale assenza di costi per R&S “intra muros” nei periodi d’imposta 2012-2013-2014, spese che altrimenti rileverebbero ai fini del calcolo della media storica, riducendo o azzerando la spesa incrementale e l’ammontare dei crediti d’imposta spettanti nei periodi dal 2015 al 2019.

Gli Uffici delle Entrate dovranno selezionare i contribuenti da sottoporre a controllo in base a tali fattori, limitando l’attività istruttoria esterna alle casistiche ad alto profilo di rischio, individuandone i reali beneficiari e favorendo, ove possibile, il ricorso agli strumenti del contradditorio preventivo.

Pertanto l’attività di controllo delle Pmi per l’anno 2021 si concentrerà sui contribuenti che hanno utilizzato in compensazione i seguenti crediti d’imposta:

R&S ex articolo 3 D.L. 145/2013, convertito con modificazioni dalla 9/2014;

• Investimenti nel Mezzogiorno, ex articolo 1, commi 98–108, L. 208/2015;

• Sisma Centro-Italia, ex articolo 18-quater D.L. 8/2017, convertito con modificazioni dalla L. 45/2017;

• Zone Economiche Speciali, ex articolo 5, comma 2, D.L. 91/2017, convertito con modificazioni dalla L. 123/2017;

Formazione 4.0, ex articolo 1, commi 46–56, L. 205/2017.

I controlli si focalizzeranno in particolare sul credito R&S e, per tutte le agevolazioni fruite sottoforma di credito d’imposta, sul riscontro delle compensazioni indebite in relazione a crediti palesemente fittizi.

Particolare riguardo verrà prestato ai casi di utilizzo in compensazione di crediti d’imposta con:

• somme iscritte a ruolo,

• somme dovute a seguito di atti di accertamento, specie se oggetto di definizione con adesione, mediazione, conciliazione.

Si rammenta inoltre che nella circolare AdE 31/E/2020 sono contenute indicazioni rilevanti circa le attività di verifica e le sanzioni applicabili al credito d’imposta R&S:

l’Agenzia potrà procedere al recupero dell’agevolazione senza ricorrere al preventivo parere tecnico del Mise, riservandosi la facoltà di attivarlo solo in casi di tecnicismo elevato;

• ogniqualvolta i controlli evidenzino attività non eleggibili o spese non ammissibili l’Agenzia rileverà l’utilizzo di credito inesistente per carenza totale o parziale del presupposto costituivo, indipendentemente dall’esposizione del credito in dichiarazione annuale;

• il termine di notifica degli atti di recupero è fissato al “31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo”, in linea col termine previsto per i crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi dell’articolo 27, comma 16, D.L. 185/2008;

la sanzione applicata va dal 100% al 200% del credito (utilizzo in compensazione di credito inesistente, ai sensi dell’articolo 13, comma 5, D.Lgs. 471/1997);

• non è applicabile la definizione agevolata ex articolo 16, comma 3 e 17, comma 2, D.Lgs. 472/1997;

è sempre ammesso, anche in seguito alla constatazione della violazione purché entro la notifica dell’atto di recupero, il ricorso all’istituto del ravvedimento operoso ex articolo 13, D.Lgs. 472/1997;

• gli Uffici delle Entrate possono ridurre la sanzione fino alla metà del minimo edittale in ragione delle “circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione” ai sensi dell’articolo 7, comma 4, D.Lgs. 472/1997.

Evidentemente abbiamo bisogno di soldi per:

– reddito di cittadinanza

– quota cento

– Alitalia

– i Condoni

– il cashback

– …. andate pure avanti voi.

Sia chiaro, chi evade le tasse va punito, senza se e senza ma. Ma questo è un fallimento epocale.

Mentre la Germania comincia a lavorare seriamente sul tema della quarta rivoluzione nel 2011, come ho già detto e non mi stanco ma di ricordare, l’Italia non fa assolutamente niente fino al 2016.

Nel 2016 arriva una prima legge con tantissimi margini di miglioramento e che manca soprattutto di modalità e criteri di controllo. In pratica, non avendo di fatto le risorse e anche le competenze per verificare tutti i progetti di ricerca e sviluppo, ma riconoscendo la necessità fondamentale (almeno quello) di dare una spinta al mercato, lo Stato decide di non controllare ex ante, ma solo ex post.

Per far funzionare una logica di questo tipo, i criteri per stabilire quali fossero le caratteristiche che davano effettivamente diritto agli sgravi avrebbero dovuto essere definiti con perfezione granitica. Così non fu.

Nel 2019 il governo a trazione 5 stelle prende in mano la situazione e l’apparato legislativo, ovviamente, invece che migliorare peggiora. Le quote di contributo diminuiscono e i criteri diventano ancora più incerti.

In Italia e non solo in Italia, di fronte a sgravi fiscali interessanti, c’è sempre chi pensa di poter utilizzare l’incertezza a proprio vantaggio. Non stento quindi ad immaginare che una bella percentuale dei fondi destinati agli sgravi siano stati finiti a gente molto furba e poco intelligente.

Ma se le leggi sono poco chiare, come faranno i verificatori a verificare ed a sanzionare?!

La risposta è in una postilla della circolare. Quella che sembra uno spiraglio di luce e di bontà d’animo, e invece nasconde la vera meccanica della faccenda. Eccola qua:
è sempre ammesso, anche in seguito alla constatazione della violazione purché entro la notifica dell’atto di recupero, il ricorso all’istituto del ravvedimento operoso ex articolo 13, D.Lgs. 472/1997;
In pratica i controllori di turno andranno dagli imprenditori e gli diranno qualcosa del tipo: “Secondo noi il progetto non va bene. Se vuole può fare il ravvedimento operoso. Rinuncia al credito d’imposta e finisce tutto qui. Altrimenti andiamo avanti con la procedura e rischia di pagare il doppio o il triplo.”

Trovo divertente e giustamente provocatorio, a questo punto, ricordare la sentenza della Cassazione penale n. 5093/2018 la quale asserisce che “La Minaccia di agire in giudizio è estorsione se si persegue un profitto non dovuto. Minacciare di fare causa integra il reato di estorsione se lo scopo ultimo perseguito è realizzare un profitto non dovuto.

Quindi che facciamo?! Se l’Agenzia delle Entrate fa all’imprenditore la “profferta” che abbiamo descritto in precedenza, ovvero lo minaccia di chiamarlo in giudizio, paventando la possibilità di dover pagare il doppio o il triplo del contributo ricevuto e poi, nel giudizio medesimo, si scopre che il contributo era lecitamente percepito, cosa deve fare l’imprenditore?!.

Se denunciasse l’agenzia delle entrate per un tentativo di estorsione, avrebbe torto?!

Tutti sanno che le cause costano e quelle contro gli enti pubblici costano anche di più. Sempre e comunque. Quindi che cosa dovranno fare gli imprenditori?!
Semplice: dovranno farsi i conti e capire se quello che hanno preso in credito di imposta è più o meno di quello che gli costa la causa per affermare i propri diritti.

A questo aggiungiamo un altro tocco artistico: “l’Agenzia potrà procedere al recupero dell’agevolazione senza ricorrere al preventivo parere tecnico del Mise, riservandosi la facoltà di attivarlo solo in casi di tecnicismo elevato“. Ma se non c’è un “tecnicismo elevato”, allora come fa ad essere un’attività di ricerca e sviluppo!? e poi, chi decide se il tecnicismo è “elevato” oppure no.

Quindi ecco la sintesi della politica attuale del nostro paese per affrontare la quarta rivoluzione industriale:

  • 5 anni di ritardo rispetto ai paesi europei di riferimento;
  • un apparato legislativo poco chiaro e senza controlli, che, da una parte confonde gli onesti e dall’altra “stimola” i furbetti;
  • una notevole percentuale dei fondi erogati e finita in progetti che gentilmente definiremo “inconsistenti”;
  • adesso bisogna recuperare quattrini, quindi tiriamo a sorte tra quelli che ci sembrano “i peggiori” e stressiamoli. Se non gli conviene difendersi, perché i contributi valgono meno del rischio e dei costi certi della difesa, lo stato si riprenderà un po’ di soldi.

Se un nemico invisibile dell’Italia che ci vuole un paese supino, retrogrado e depresso, avesse fatto un piano diabolico per deprimere il desiderio di innovazione delle PMI Italiane, non avrebbe saputo fare di meglio.

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