La variabile dipendente.

Trota nel piatto

Allegro ma non troppo.

L’Italia è a corto di competenze tecniche. Lo è talmente tanto che ormai si concede a chiunque di insegnare all’università e nei master, anche di secondo livello. Probabilmente è per questo che ogni tanto insegno anch’io.

Una volta uno studente mi ha chiesto quale fosse la differenza tra scienza teoretica, scienza empirica e tecnica.

In un momento di particolare presenza di spirito, di quelli che dopo una certa età capitano di rado, risposi allo studente che la differenza, in realtà, sta nel modo in cui tratti la variabile dipendente.

Nelle scienze teoretiche, come la matematica, non è tanto rilevante quale sia la variabile dipendente. Se qualcosa è funzione di qualcos’altro, tutto sommato è anche vero che, ribaltando opportunamente le cose, il “qualcos’altro” può serenamente diventare funzione del “qualcosa” senza che nessuno ci faccia troppo caso e senza particolari tragedie.

Tra l’altro la gente non ha particolare passione per numeri e variabili. Quindi, per quanto importante sia, se si ribalte un’equazione, quasi nessuno ci fa caso.

La scienza applicata richiede una qualche attenzione in più per capire quale debba essere la variabile dipendente. Almeno per sapere che grandezza si sta calcolando.

Pensiamo alla fisica. La legge di Ohm, ad esempio, dice che in un circuito elettrico fatto in un certo modo,  V=R*I, ovvero la tensione è uguale alla resistenza per la corrente.

Tutto sommato il signor Ohm aveva lo scopo di fornirci uno strumento per fare dei conti, e lo ha fatto piuttosto bene. Dobbiamo decidere noi se ci interessa calcolare il voltaggio, la resistenza o la corrente. Qualsiasi cosa noi decidiamo di fare, Ohm il suo lavoro l’ha fatto alla grande e nessuno si sognerà mai di negarlo.

A questo punto arriva la tecnica, ovvero quell’insieme di discipline dove la scelta della variabile dipendente assume improvvisamente un’importanza vitale. In molti casi letteralmente vitale.  E si, perché se confondi tensione e corrente mentre progetti un quadro elettrico di un palazzo o di uno stabilimento, c’è anche verso di mandare un po’ di gente all’altro mondo a causa dell’errore.

La morale della favola è che, quando si ha a che fare con la pura teoria, si fa un po’ quello che ci pare. Quando si studia si può ancora generalizzare, ma quando hai a che fare con la realtà, allora la scelta della variabile dipendente diventa fondamentale. Anche questione di vita o di morte.

Oltre alla tecnica, c’è anche la tecnica fatta bene. Quella per la quale, consci del fatto che l’accelerazione di gravità è 9.8 m/s^2, si fanno i progetti in maniera che, se proprio una cosa dovrà cadere, eviterà di farlo in testa a qualche povero disgraziato.

Affermo che l’individuazione della variabile dipendente giusta non solo è fondamentale nella tecnica. Lo è in qualunque attività umana che abbia vagamente a che fare con la realtà. La politica non fa eccezione.

Parliamo, ad esempio, del benessere di un popolo. Da che cosa dipende? Qual è il bandolo della matassa?

Proviamo a semplificare il problema. Secondo voi, tra pesci e canne da pesca, qual è la variabile dipendente?  

Proviamo a scoprirlo insieme!

Formuleremo innanzi tutto un asserto, che chiameremo “asserto A”:

Il numero delle canne da pesca presenti in una nazione è direttamente proporzionale al numero di pesci disponibili per sfamare la popolazione.

Dunque, stiamo dicendo che se tutti hanno pesci da mangiare (almeno in un certo momento) questo fatto farà aumentare il numero di canne da pesca, ovvero la possibilità di procurarsi altri pesci.

Non mi risulta che i pesci, soprattutto quelli morti, siano noti per il loro irrefrenabile impulso alla fabbricazione di canne da pesca. Nemmeno si trova un altro modo per sostenere che i pesci morti producano canne da pesca per “emanazione” o per qualche altro miracoloso fenomeno.

Si può pensare che qualcuno, spontaneamente, vedendo che l’abbondanza di pesci lo rende felice, pensi di mettersi a fare canne da pesca per averne ancora. Ma perché mai dovrebbe farlo quando è già pieno di pesce e gli arriva gratis?! Certo, un giorno finirà, ma nessuno ha detto quando. A furia di veder arrivare pesci gratis la gente si convince che sia una cosa normale. Chi glie lo fa fare di lavorare per costruire le canne da pesca?!

Direi che l’asserto precedente non funziona.

Proviamo a scegliere meglio la variabile dipendente e formuliamo un altro asserto, che chiameremo “asserto B”.

Assumendo che il mare e i laghi siano pescosi,

Il numero di pesci disponibili a sfamare la popolazione è direttamente proporzionale al numero di canne da pesca disponibili per pescarli.

Già posso sentire il commento irriverente dei lettori più maliziosi: “certo… se ci metti che i laghi e il mare sono pescosi, ti pari…”.

L’assunto è invece più un merito che un demerito, ma lo vedremo bene in seguito.

Per ora ce lo teniamo così com’è, e facciamo tutti un piccolo atto di fede, destinato a durare non più di poche righe.

Valido l’assunto, è chiaro che una canna da pesca piglia un pesce alla volta. Due canne da pesca pigliano due pesci alla volta, tre canne da pesca pigliano tre pesci alla volta e, di conseguenza, n canne da pesca pigliano n pesci alla volta. Magari qualcuno pesca di più e qualcuno pesca un po’ meno. Magari c’è qualcuno che si dimentica l’esca, qualcun altro che spacca il la lenza o che si perde i piombi perché si ostina a fissarli coi denti. Ma alla fine il conto più o meno gira.

Quindi se sei al governo e vuoi sfamare la popolazione che fai?! Li riempi di pesci oppure gli dai le canne da pesca e gli insegni ad usarle?!

A questo punto la risposta dovrebbe essere chiara come il cristallo al mezzogiorno di una bella giornata d’estate.

Resta l’insidioso dubbio dell’assunto antefatto al nostro asserto. Tutto funziona se e solo se il mare e i laghi sono pescosi. Anche questo è chiarissimo. Se mancano i pesci siamo fottuti. Ma non siamo fottuti solo nel caso contemplato dall’asserto B. Se non ci sono i pesci siamo fottuti punto e basta.

Tuttavia, l’asserto B risulta strutturalmente vantaggioso per chi vuole fare le cose fatte bene.  L’asserto A, infatti, parte da un assunto implicito pericolosissimo: “il pesce esiste ed è facilmente reperibile”.  

D’altra parte su uno fa una cosa, nel momento in cui la fa, pensa di poterla fare oppure pensa che quella sia comunque la migliore delle opzioni. Quindi chi basa la sua strategia sull’idea di regalare pesce a tutti, certamente non si pone il problema di dove troverà il pesce da devolvere. Figuriamoci se un grande stato non può permettersi un po’ di pesce.

L’asserto B invece porta naturalmente chi lo sostiene a porsi delle domande. I sostenitori dell’asserto B avranno il problema di spiegare alla gente che non solo il pesce non è gratis, ma chi lo vuole deve pure imparare a pescare e andarselo a prendere laddove nuota, dopo aver dovuto, in molti casi, imparare l’arte e la disciplina della pesca. Se questa cosa poi non funziona, il sostenitore dell’asserto B ha tutta la responsabilità della scelta sbagliata. Controllerà molto ma molto bene se il pesce da prendere c’è e, laddove il pesce risultasse assente, deciderà probabilmente di iscrivere tutti ad un bel corso di caccia con l’arco.

In ogni caso la popolazione troverà da mangiare e lo farà con l’abbondanza data dalla diretta proporzionalità di cui sopra.

Tutto merito del fatto che è stata scelta la variabile dipendente corretta. Il numero di pesci disponibili per sfamare la popolazione dipende da quanta gente ha la canna da pesca e sa usarla per andare a pescare. Non il contrario.

Dare i pesci alla popolazione porta solo al risultato che, prima o poi, i pesci finiscono senza che vi siano in giro canne da pesca sufficienti per rimpinguare le scorte.

Allora cosa facciamo!? Diamo posti di responsabilità ad un certo numero di donne per decreto o diffondiamo la cultura della parità dei diritti?

Diamo sussidi ai giovani per campare o diamo contributi alle attività di ricerca e sviluppo per rendere le nostre aziende competitive e creare posti di lavoro?

Aspettiamo che gli americani e gli inglesi abbiano finito di vaccinarsi così poi ci vacciniamo anche noi, oppure investiamo in ricerca?

Tutto dipende da quanto siamo bravi a capire qual è la variabile dipendente e da cosa dipende.